La fama di Puškin quale padre della letteratura russa moderna, la rinomanza universale dei suoi capolavori (la lirica, Evgenij Onegin, Boris Godunov) e il duello che gli costò la vita hanno concorso a obliterare i lati della sua creazione non ritenuti degni di lui: le operette licenziose o apertamente oscene della gioventù, testi che svolgono in chiave trasgressiva i generi del ’700 lasciati in eredità all’800. Qui ne sono presentati tre – L’ombra di Barkov, La Gabrieleide e Zar Nikita – pubblicati integralmente tardi e solo di rado, che mostrano l’oggetto della parodia (sesso, trono e altare) non disgiunto dai temi d’attualità e dalle polemiche letterarie dell’epoca.
Aleksandr S. Puškin
(1799-1837) discendeva da una nobile famiglia
russa e da parte di madre da Ibrahim
Hannibal (Il negro di Pietro il Grande).
Studiò nell’esclusivo liceo di Càrskoe Selò
e la sua fama cominciò prima dei
vent’anni. Il suo lavoro maggiore è
il romanzo in versi Evgénij Onégin (1833),
ma scrisse anche importanti opere
di poesia, di prosa e di teatro, tanto
da essere considerato il capostipite della
letteratura russa moderna. Nel 1831 sposò
Natàl’ja Gončaròva e, sei anni dopo, le
insinuazioni sulla sua presunta infedeltà
lo portarono al duello col barone Georges
d’Anthès, nel quale rimase ucciso.

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