«C’è un criterio a mio parere infallibile per saggiare la verità (“autenticità”) del personaggio (ma è ciò poi cosa diversa dalla verità-“autenticità” della narrazione?): e cioè, se il personaggio — quali che siano le virtù di cui si adorna l’identità fittizia che gli è prestata — “ci riesce antipatico”, se ci sentiamo a disagio in sua compagnia o addirittura non lo sopportiamo, ciò non può essere che a causa del fatto che il personaggio è “sbagliato” perché irreale... Resta però che dovremmo comunque in qualche modo chiederci — ed è questione del massimo momento — se Varen’ka Olesova-lei (il Personaggio) ci piace o non ci piace, se stiamo volentieri in sua compagnia o a seguirne le peste, se ce ne sentiamo (l’abbiamo detto!) “intrigati”... Quanto a me, conosco la risposta. Sia detto fra noi, mi sono anche, temo, un poco innamorato...» (dalla postfazione di Daniele Morante)
Maksim Gor’kij
Maksim Gor’kij è lo pseudonimo di
Aleksej Maksimovič Peškov (1868-
1936). Orfano e poverissimo, vive
un’infanzia errabonda e picaresca,
che lo mette in contatto con la ricca
tradizione della narrazione popolare e fa nascere in lui la passione
per la letteratura. Dopo i moti del
1905, scrittore affermatissimo, è
espulso dall’Accademia e mandato
al confino in Crimea. Nel 1906 inizia il suo esilio volontario: Inghilterra, Francia e Italia, a Capri.
Torna in patria nel 1913. Dopo una
collaborazione con il potere bolscevico, lascia nuovamente il paese nel
1921, ufficialmente per motivi di salute. La sua immensa popolarità, in
Russia e in Occidente, induce il potere sovietico a organizzarne un
trionfale ritorno in patria. A Mosca
si spegne, nel 1936, in un clima di
sospetti che fa fiorire sulla sua
morte diverse “leggende”.
La tarda accettazione del favore staliniano, e la nomea di “padre del
realismo socialista”, ne hanno decretato una vera e propria damnatio
memoriae. Gor’kij non si pubblica
quasi più nella Russia postsovietica,
né in Italia, dove i suoi romanzi più
conosciuti (La madre, L’affare degli
Artamonov, Piccoli borghesi, Nei bassifondi, I nemici) hanno invece goduto
a loro tempo di enorme popolarità.
Varen’ka Olesova esce nel 1898,
quando Gor’kij in Russia era già
all’apogeo della fama, tanto che non
si esitava a porlo sullo stesso piano
di Čechov se non di Tolstoj.
Daniele Morante
Nato a Grosseto, i
suoi interessi prevalenti spaziano
dalla letteratura alla linguistica. Ha
svolto per lungo tempo attività di
consulente editoriale e traduttore
— da russo, francese e inglese —
per varie case editrici italiane, come
Garzanti, Einaudi e Bollati, oltre
che Voland. È autore di racconti.
Con Voland ha pubblicato la raccolta Belin, l’impostura (1997). Suoi
racconti e collaborazioni sono apparsi sulle riviste “Nuovi argomenti”, “Ombre rosse” (1977), “Paragone” (1992), in una silloge (Incursioni ai confini) edita dall’amministrazione comunale di Venezia,
nonché nell’ambito del volume Per
Anna Karenina (Voland 1995).
In campo linguistico ha collaborato
con una serie di articoli di geografia
delle lingue alla rivista “L’Universo”
(1991-1993), e ha pubblicato — in
francese — La ville en tant qu’atome
linguistique, catalyseur/relais de langues (Institut de la Francophonie
2000), Le Risorgimento italien
comme révolution des italophones
(L’Harmattan 2007), nonché Le
champ gravitationnel linguistique
(L’Harmattan 2009) frutto quest’ultimo di un lavoro decennale oltreché di una ricerca “sul terreno” di
sei mesi in Mali.
Sta attualmente curando un epistolario di Elsa Morante.
Elisa Cianca, Flanerì, 19/03/2012
Recensione
Stefano Garzonio, il manifesto, 09/03/2012
Quel che resta di Gor'kij nella Russia contemporanea
Nicoletta Stecconi, SoloLibri, 02/03/2012
Recensione
Daniela Ciabattini, Russia Beyond, 14/02/2012
Fascino e mistero delle russe
Nadia Caprioglio, Tuttolibri, 11/02/2012
Scheda

Daniele Morante
Belin, l’impostura

Lev Tolstoj, Angelo Maria Ripellino
Per Anna Karenina

Tolstoj/Nori
Chadži-Murat

Gogol’/De Michelis
Due storie pietroburghesi

Babel’/Osimo
Racconti di Odessa

Bulgakov/Tarabbia
Diavoleide

Cvetaeva/Vitale
Le notti fiorentine
