

“Il Diario è anello di una catena di tutto rispetto; affonda radici nei classici e tocca altri classici con rami più fogliosi e fruttuosi di quanto, a uno sguardo rapido, si potrebbe sospettare. In Čulkaturin c’è l’‘uomo superfluo’ à la russe ma anche una sua versione pura, distillata, paradigmatica (quasi ageografica, quasi astorica). Čulkaturin fa contemporaneamente da arrivo e da abbrivio, quindi. E se sommiamo a tutto ciò l’indiscussa maestria e la squisitezza stilistica universalmente riconosciute a Turgenev (...) a ragione il Diario può aspirare allo status di piccolo classico, di piccolo chef-d’oeuvre.” (dalla postfazione di Alessandro Niero)
Ivan Turgenev
Nato nel 1818 in un’agiata famiglia di Orël (circa 400 km a sud di Mosca), Ivan
Sergeevič Turgenev trascorse
l’infanzia nella tenuta materna, dove imparò presto a conoscere la durezza e
spesso la disumanità con cui venivano trattati i servi della gleba.
Nel 1833 si iscrisse all’Università di Mosca, ma l’anno
dopo si trasferì a Pietroburgo, dove compì i suoi studi, ed entrò in contatto
con il mondo letterario, allora dominato da Puškin
e Gogol’, cominciando a farsi conoscere come poeta d’ispirazione romantica. Nel
1838 si recò a Berlino a studiare filosofia e storia e vi rimase
fino al 1841. Qui Turgenev fu colpito dalla constatazione di quanto la società
dell’Europa occidentale fosse più moderna di quella russa, tanto che al suo
ritorno in patria si distinse per le sue idee filo-occidentali, essendo
convinto che la Russia poteva progredire imitando l’Occidente e abolendo
istituzioni ormai superate dai tempi. Una implicita critica all’istituto della
servitù della gleba, infatti, è contenuta nelle sue Memorie di un cacciatore (1852), che lo resero famoso.
Con il romanzo Padri e figli (1862) Turgenev
affronta il confronto fra generazioni, tanto attuale nelle Russia del tempo, ma
il dibattito critico sollevatosi dopo la pubblicazione lo indusse, amareggiato,
ad allontanrsi dalla Russia, dove, fino alla morte, avvenuta nel 1883 a
Bougival (vicino a Parigi), non tornò più se non per brevi periodi.
Alessandro Niero
Nato a a San
Bonifacio (Verona) nel 1968,
abita al Lido di Venezia. Insegna
Letteratura russa all’Università
di Bologna. Si occupa
di prosa e poesia russa del XX secolo
e di questioni di traduzione.
Tra le sue curatele di
opere in prosa si segnalano: S.
Kržižanovskij, Autobiografia
di un cadavere e Il segnalibro
(Biblioteca del Vascello, 1994 e
1995) ed E. Zamjatin, Racconti inglesi
(Voland, 1999).
Fra le sue traduzioni di poesia
più recenti si ricordano:
S. Stratanovskij, Buio diurno (Einaudi,
2009); D. Prigov, Trentatré
testi (Terra Ferma, 2011); G.
Ivanov, Diario post
mortem (Kolibris, 2013).
Per la sua attività di traduttore
ha ricevuto riconoscimenti nazionali
e internazionali: Premio
di Traduzione del Ministero per
i Beni e le Attività Culturali
(2006), Premio “Lerici Pea
Mosca” (2008), Premio “Čitaj
Rossiju / Read Russia” (2012).
Come autore, ha al suo attivo i
seguenti libri di poesia: Il cuoio
della voce (Voland, 2004), A.B.C.
Chievo (Passigli Editore, 2013) e
Poesie e traduzioni del signor
Czarny (L’Obliquo, 2013).
Donato Bevilacqua, La Bottega di Hamlin, 14/02/2011
Recensione
Serena Adesso, MangiaLibri, 10/10/2010
Scheda

Zamjatin/Niero
Noi

Grisha Bruskin
Imperfetto passato

Sigizmund Krianovskij
Autobiografia di un cadavere

Babel’/Osimo
Racconti di Odessa

Alessandro Niero
Il cuoio della voce

Bulgakov/Tarabbia
Diavoleide

Gogol’/De Michelis
Due storie pietroburghesi

Gor’kij/Morante
Varen’ka Olesova

Cvetaeva/Vitale
Le notti fiorentine
